Tutti, e dico proprio tutti, passano da Ubud: chi in giornata, chi per mesi, chi per sempre.
Sarà per l’ottimo cibo o per le verdi risaie, oppure per l’arte e l’artigianato locale che pullman carichi di turisti armati di macchina fotografica macinano chilometri per visitare l’incantevole città.
Bali ha una testa, delle braccia, delle gambe e ovviamente un cuore e questo risiede a Ubud. Qui troverete la Tradizione con la T maiuscola, non solo nei sapori dei piatti ma nella vita dei balinesi che ad Ubud ci abita.
Qui potrete vedere le 2 facce della medaglia appaiate. Da un lato flotte di turisti armati di tecnologia avanzata affannati dalle troppe cose da vedere, dall’altra i balinesi che, con le loro infradito, si godono lo scorrere lento del tempo.
Immaginate un imbottigliamento di macchine da venerdi pomeriggio verso le 18 …ecco questa è Ubud nella via centrale al crocevia con Ubud Palace. Qui un esercito di turisti viene scaricato dai driver ad ogni ora del giorno e, poveretti, l’unica cosa che respirano sono i fumi di scarico. Non sanno che poco più sù, verso Nord, il fumo dei tubi di scappamento scompare.
A soli 10 minuti dal centro, oltre ai galli che saltellano da un lato all’altro della strada, donne e uomini di qualunque età trasportano riso e offerte in recipienti tenuti in equilibrio perfetto sulla testa mentre i bambini corrono felici a piedi nudi con gli occhi al cielo sul loro aquilone. Ubud è sicuramente una città da vivere e non da vedere per poche ore. La scelta di dormire a Nord del centro comporta la spesa di affittare un motorino e di comprare una felpa per la sera se non l’avete portata in valigia. La temperatura scende fino a 20 gradi in alta stagione (Giugno-Luglio-Agosto) e qualche volta piove, ma per poco.
Un’oasi di verde nel trambusto cittadino è la Monkey Forest una fitta distesa di giungla che ospita 3 templi sacri e i suoi abitanti: le scimmie, avidi macachi balinesi si faranno avvicinare ma non inteneritevi, vogliono solo cibo. Se i loro denti vi spaventeranno a tal punto da rompere un tacco della scarpa, nessun problema, a Ubud troverete pazienti artigiani che rispettando la Tradizione continuano i “vecchi mestieri”, quelli del “non butto via niente”. Non solo artigiani ma artisti di prima categoria che modellano ogni tipo di materiale costruendo manufatti eccellenti. Stupefacente è la pazienza … anni per dipingere Ganesh con un solo stuzzicadenti intinto nell’inchiostro!!! Potrete ammirare nelle via degli artigiani statue in pietra, in legno, vetro, madreperla e poi mobili, dipinti..arte, arte e ancora arte. Mestieri che si tramandano di generazione in generazione sapientemente custoditi e amati.
Ora capisco perchè questo centro nelle anni ’60 è stato invaso da artisti provenienti da ogni parte del mondo. Uno tra questi è Antonio Blanco, pittore spagnolo, che sullo stile di Dalì, ha lasciato dipinti di danzatrici balinesi meravigliosi che ora possono essere ammirati nella sua casa diventata museo. Hippy provenienti dall’America e dall’ Europa qui hanno trovato casa formando una grossa comunità straniera. Oggi Ubud è nuovamente presa d’assalto da moderni hippy: gli hippy tecnologici. A me piace chiamare cosi i nomadi digitali che, girando per il mondo, scelgono di trasferirsi a Ubud per lunghi periodi trovando numerose amicizie in un spazio perfetto per la connessione tra culture. Lo spazio di co-working Hubud, è una vera comunità, in cui la rete di persone si intreccia tra esperienze e competenze, sballandosi a ritmo di WiFi.
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